Eziologia e patogenesi delle raccomandazioni alle donne in tema di stupro.
Una volta dicevamo “senza se e senza ma”, lo dicevamo quando parlavamo di guerra, pensioni, salari.
Credo che ora sia dirimente per il tema dello stupro, perché alle donne sto “senza se e senza ma” non è concesso.
Durante gli anni ‘70 abbiamo cominciato a parlare dello stupro come il massimo atto politico di violenza contro il corpo delle donne. Con “Against Our Will”, il libro di Susan Brownmiller, abbiamo
cominciato a pensare allo stupro come “il processo consapevole di intimidazione con la quale tutti gli uomini mantengono tutte le donne in uno stato di paura”.
Eppure, ancora adesso, assistiamo dopo la colpevolizzazione del maschio, per essere politically correct, ad una serie di raccomandazioni alla
prudenza, nel migliore dei casi, fino ad un concorso di colpa, legato all’abbigliamento, allo stato di incoscienza, che dovrebbe essere un aggravante semmai, all’ora tarda e così via.
Ecco io mi aspetto un articolo in cui si parli solo della nefandezza dello stupratore, senza nominare ora, luogo, condizioni, etá della vittima di stupro. Io mi aspetto un articolo in cui nessuno si senta in dovere di fare raccomandazioni con tono paternalistica (o patriarcale?) alle proprie figli, ignare dell’istinto comprensibile allo stupro che, a quanto pare, sarebbe innato nell’uomo.
Perché io mi aspetto che mia figlia giri libera a qualsiasi ora della notte, nella bella città in cui avrà scelto di vivere, senza avere paura, senza lo spray al peperoncino, senza le chiavi tenute in mano a mó di arma, senza far finta di parlare al telefono. Che faccia sesso quando ne avrà voglia e con chi voglia, senza per questo essere giudicata come “stuprabile”.
Perché si dovrà sentire tranquilla, non coraggiosa.
Ecco perché i vostri discorsi sulle raccomandazioni a “non mettersi nelle condizioni di farsi fare male“ ve li potete ficcare nel posto che vi piace di più.
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